Ripensare l’educazione scolastica in un’ottica metamoderna

Aspettando l’orale per la maturità, fra uno studio e un altro (che gioia), mi è capitato di leggere un saggio interessante intitolato The Birth of a New Paradigm: Rethinking Education and School Leadership
with a Metamodern ‘Lens’, il quale affronta il tema dell’educazione delle scuole individuando il modello che più si adegua alle esigenze del nostro secolo e agli ultimi sviluppi della cultura in ogni ambito. Vorrei quindi sintetizzarvi il suo contenuto e darvi il mio parere alla luce della logorante esperienza di studente per 13 lunghi anni all’interno del sistema scolastico italiano che ho dovuto subire. Quanto letto infatti, se applicato, potrebbe aiutare a risolvere molti problemi presenti all’interno di questa istituzione, per evitare che le generazioni future si ritrovino a soffrire gli stessi mali (che me ne frega a me personalmente, tanto ormai il percorso l’ho fatto, il mio pensiero qua va alle prossime sfortunate vittime…).

Anche qui, si parte per un viaggio. Le coordinate temporali le sapete già: il presente, mentre geograficamente vi vorrei portare negli splendidi paesi nordici, e non a caso: se per esempio la Francia nel 1700 è stato il luogo simbolo dell’illuminismo, questi posti un po’ freddini lo sono per il metamodernismo e le sue applicazioni, fra cui il sistema politico (vedi il blog di Hanzi Freinacht di cui parlo qua), e appunto, quello educativo. Chissà come mai lì va sempre tutto meglio….

Così, in Norvegia, Svezia, ecc., le scuole godono di sistemi all’avanguardia, in grado di prendere il meglio dai due paradigmi precedenti applicati all’educazione, modernismo e postmodernismo, e fonderli per offrire metodi innovativi.

Il primo punto che analizzerò riguarda la concezione della scuola in generale. Se il modernismo dava enfasi alla sua efficienza, stabilità e ordine, ed il postmodernismo sulla gestione del caos insito nel gruppo classe, insegnando agli alunni la coscienza critica e la felicità, il metamodernismo di questi paesi mette insieme le due cose offrendo un nuovo modo di guardare alle differenze, culturali e non, fra gli alunni, in grado di garantire i diritti umanitari e di muoversi verso un cambiamento organizzato. Tale approccio è importante da attuare soprattutto per evitare che molti fra i banchi si sentano, come mi sono sentito io, dei numeri, con poco che ricordi ad ognuno di avere bisogni unici.

Il ruolo dell’insegnante, al posto di focalizzarsi sul trasmettere conoscenze oppure facilitare l’apprendimento attraverso le proprie conoscenze pedagogiche, come i due paradigmi precedenti predicavano, ora deve mirare a far sviluppare ai suoi studenti le skills, soprattutto quelle di carattere morale, (comprese le relazioni con l’ambiente naturale e le sue responsabilità) del problem solving, dell’autostima. Inoltre la nozione stessa di apprendimento, in questo periodo di sviluppo tecnologico, si fa digitale, implementando, ad esempio, l’uso della realtà virtuale. Devo tristemente constatare che, fra un’impostazione quasi esclusivamente nozionistica e la presenza strumenti in molti casi arretrati, in Italia siamo ancora lontani da questo modello, anche se recentemente si sono compiuti degli sforzi in entrambi i sensi, basti pensare alla didattica a distanza e alle esperienze di PCTO e orientamento universitario.

Il ruolo dello studente passa quindi da essere semplicemente contenitore di conoscenze riempito dagli insegnati (modernismo) o soggetto responsabile del proprio apprendimento (postmodernismo) a costituirsi proprio come creatore della propria conoscenza, consapevole della valenza etica e delle abilità che possiede. Un modello olistico volto a mettere in primo piano gli studenti, mentre spesso mi sono sentito quasi l’ultima ruota del carro nel sistema…

Le attività scolastiche, evolvendosi da una forma di didattica statica, passando per una tipologia dinamica basata sulle esperienze, arriva svilupparsi grazie alla tecnologia fino ad offrire numerose opportunità per trovare i talenti degli alunni (classi virtuali, studi sulla robotica, la già citata realtà aumentata…). Dico solo che in tutto il liceo l’esperienza di apprendimento più innovativa che potessi fare sono state le lezioni in laboratorio di chimica, dove mi sarò recato in totale non più di una volta per anno.

Ho riportato gli elementi che trovavo più importanti, anche per paragonarli alla situazione qua in Italia. Vi invito comunque a leggere il saggio per scoprire altro sulla scuola ideale del metamodernismo, e spero che al ritorno da questo viaggio nelle scuole nordiche riusciate a vedere il vostro passato, o la vostra attualità di studenti in questo paese con un occhio più critico ed informato, perché ce ne è davvero bisogno.

Intanto, tornerò a studiare per la mia maturità, visto che c’è così bisogno nella scuola del 21° secolo di un esame finale che abbia lo stesso peso di anni di studio…


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