Metamodernismo nel cinema 1: Nuova Sincerità, Hook (1991)

3 articoli riguardanti le influenze del metamodernismo nei film degli ultimi anni, in ognuno dei quali verrà analizzato un film in particolare attraverso slide riassuntive, preparate per un progetto a Villa Citera (il centro di aggregazione giovanile che frequento a Sanremo); questo vi propongo per il futuro prossimo della sezione Cinema…

Pronti? Partiamo con il primo!

Il film di oggi è Hook, del 1991, diretto da Steven Spielberg, un esempio famoso di quella che è definita Nuova Sincerità nel cinema. Prima di parlare del perché, penso sia utile ribadire cosa sia questo metamodernismo, anche per tenerlo a mente negli articoli che seguiranno.

La slide ci offre in questo schema di grande impatto visivo una cronologia abbastanza veritiera (sulle date precise ci sono pareri discordanti) che descrive i periodi storici ed i movimenti filosofici che si sono susseguiti dall’inizio del secolo scorso. Come si vede il metamodernismo è la filosofia del periodo postmoderno, ovvero dal 1985 circa ad oggi, preceduto dal postmodernismo e ancora prima dal modernismo, le scuole di pensiero caratterizzanti rispettivamente la prima e la seconda metà del periodo moderno, divise dall’anno finale della Seconda guerra mondiale.

Tale fenomeno, abbracciando tutti gli aspetti della cultura attuale, si esprime anche nelle arti visive, compreso il cinema (ne avevo già parlato nell’articolo “Cos’è il metamodernismo”, dove ho citato i film di Wes Anderson). In questo modo si formano correnti cinematografiche recenti fra cui il Cinema Eccentrico Americano, l’affine Cinema Quirky, e, appunto, la Nuova Sincerità nei film (infatti si può ritrovare anche nella musica e in altre arti). Arriviamo così al nostro Hook.

Ecco l’elemento principale dei film appartenenti a questo movimento, e quindi anche di Hook. Durante il modernismo il cinema, parallelo a livello storico con il suo passaggio dal bianco e nero ai colori, esplorava i grandi temi dell’umanità (la moralità, il suo futuro, l’amore, eccetera). Era questa l’età d’oro del genere cinematografico, caratterizzata da purezza… e sincerità. Con l’arrivo del postmodernismo viene tutto ribaltato a favore dell’ironia e della commedia fine a sé stessa (due esempi a brucio? I Simpson e quei film paradossali dove i protagonisti sanno di essere in una finzione). La Nuova Sincerità, come dice il termine, si propone portare avanti questo gusto postmodernista recuperando però i temi tanto cari al modernismo, come lo studioso Jim Collins illustra nella sua pubblicazione del 1993. Dopo averlo inquadrato, possiamo finalmente parlare direttamente del film e di cosa ci vuole dire.

Peter Pan è cresciuto e diventato uomo lontano dall’Isola che non c’è. Ormai è un padre di famiglia, però non riesce ad essere all’altezza di questa figura per i suoi figli un po’ perché è preso dal lavoro ma soprattutto perché ha dimenticato i valori che animavano la sua infanzia. Una volta tornato nel luogo delle sue avventure da giovane per scontrasi ancora una volta con Capitan Uncino che ha rapito i suoi bambini, riuscirà a ricordarsi del suo passato e solo così potrà sconfiggere il suo nemico di una vita. La slide offre anche degli spunti di riflessione su quali siano quegli elementi dell’infanzia che siano importanti da mantenere in età adulta e in quali ci ritroviamo. Personalmente, ritengo che vi siano molti beni della nostra vita che siamo molto più liberi di perseguire da bambini, e quando cresciamo perdiamo molte possibilità di ottenerli, in gran parte per le convenzioni sociali. In particolare, vorrei riavere la curiosità, la creatività e l’eccitazione anche per cose meno importanti provate di più 10 anni fa rispetto ad adesso.

È l’amore che spinge Peter a lasciare l’isola che non c’è ancora ragazzo per poter stare con la nipote di Wendy, ed è l’amore verso la sua famiglia a fargli compiere la stessa scelta alla fine del film. Questa volta però, non dimenticherà più chi era. “Peter, le tue avventure…” gli dice l’anziana Wendy, “anche vivere può essere un’avventura” risponde lui, dimostrando di voler prendere il meglio della sua giovinezza avventurosa e del suo presente per vivere nel modo migliore, ed essere un buon padre.

Se non lo avete visto, vi consiglio vivamente di farlo, oltre a tutto questo anche per la dolcezza e la profondità di alcune scene (come l’incontro fra gli ancora giovani Peter Pan e Wendy, e la morte di Rufio, capo dei bambini sperduti, scontratosi con Capitan Uncino), fatemi sapere cosa ne pensate, al prossimo articolo di Metamodernismo nel cinema!


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