“Il metodo danese per crescere bambini felici” di J. Alexander e I. Sandal

In un precedente articolo (Ripensare l’educazione scolastica in un’ottica metamodernista) vi ho accompagnati in un viaggio metaforico nelle scuole dei paesi nordici, dotati di metodi innovativi per educare ed istruire gli alunni. Ora vi vorrei riportare lassù, più precisamente in Danimarca, un Paese che ho avuto modo di visitare circa 15 anni fa, quando ero molto piccolo, ed ero andato principalmente a Legoland (cosa c’entra? Beh, fra un po’ lo scoprirete…); anche se a quanto pare presto ci ritornerò, e ovviamente sarà un argomento in più per la categoria viaggi. Comunque, dicevo, Danimarca… ovvero il Paese più felice al mondo da 40 anni a questa parte. Proprio così. Si sapeva già dal primo studio risalente al 1973, anche se nessuno riusciva a dare una spiegazione al riguardo, cerca cerca però di recente alcune pubblicazioni hanno trovato un motivo molto valido, e fra tutte l’ultimo libro che ho avuto il piacere di leggere: Il metodo danese per crescere bambini felici di J. Alexander e I. Sandal.

Il segreto sta, come dice il titolo, nel modo con cui i genitori danesi educano i loro figli da generazioni, insito nella cultura di questo popolo. Figli felici diventano poi a loro volta genitori felici in grado di trasmettere gli stessi insegnamenti ai loro bambini, e così via. Analizzando il repertorio culturale della Danimarca si è andato così delineando un metodo per gestire le relazioni famigliari da imparare ed esportare in tutto il mondo, se si vuole arrivare agli stessi risultati, ottimi.

Il metodo, riassunto dall’acronimo azzeccatissimo PARENT e ampiamente discusso nel libro, individua 6 elementi indispensabili per crescere un’umanità futura migliore.

P sta per Play (gioco): soprattutto il gioco libero aiuta a sviluppare le abilità fondamentali nella vita, come resilienza, strategie di adattamento allo stress, negoziazione, autocontrollo, fiducia nelle proprie capacità, grazie ai rapporti che si instaurano gli altri. I Lego, realizzati per la prima volta proprio in Danimarca, vogliono essere un esempio di come “giocare bene”, dalla cui traduzione in danese deriva il loro nome, in virtù delle grandi opportunità di interazione che offrono (a me piacciono tuttora, e non sono l’unico a quanto pare).

Quello che noto dalla mia esperienza nelle fiere con il Team Infausti, e ampiamente descritto nel capitolo relativo, è come il genitore medio europeo cerchi sempre di proteggere il bambino da giochi appena più “pericolosi” della norma (“piano, piano, non fatevi male… è un gioco bambini ricordatevelo, G I O C O, ecco hai tirato la spada in faccia a tua sorella, esci subito dall’arena!), il che porta ad impedire la libera sperimentazione, fondamentale per rendere questo momento di spensieratezza anche proficuo.

Al contrario i miei genitori, bisogna dire, hanno sempre cercato di inserirmi in ambienti accomunati da questa filosofia, ad esempio lo scoutismo.

A come Authenticity (autenticità): aiuta i bambini a fidarsi delle proprie emozioni, tutte quante. A seconda del modo con cui i bambini vengono lodati per i loro meriti, svilupperanno una visione di sé stessi nel mondo. Fare dei complimenti senza valore effettivo o concentrarsi troppo sull’intelligenza li blocca, facendoli sentire insicuri. Invece, lodando l’impegno, si incoraggia una mentalità di crescita al posto di una fissa, contribuendo a formare individui più sicuri e resilienti.

Mi sembra ancora di sentire i miei insegnanti, soprattutto delle scuole elementari e medie: “ma come sei intelligente!” Sì ok, poi? Intanto sono finito a fare il liceo che loro stessi mi hanno consigliato odiandolo a morte…

R di Reframing (ristrutturazione): un modo significativo di modificare la percezione dei giovanissimi nei confronti dell’esistenza. È risaputo che il modo con cui vediamo le cose influenza come le sentiamo. Un tipo di atteggiamento, quello ottimistico realista, permette di non ignorare le informazioni negative, concentrandosi però sulle positive. Trasmetterlo è un grande regalo che possiamo fare ai nostri figli.

In questo forse, soprattutto nei primi anni di vita, le mie figure di riferimento hanno ecceduto, arrivando ad edulcorare la realtà per rendere la gabbia della mia ignoranza dorata.

E indica Empathy (empatia): una tendenza insita nell’uomo, la quale però sta diminuendo sempre più nella nostra società lasciando il posto ad alti livelli di narcisismo. Imparando a giudicare e rimproverare meno frequentemente si può accettare meglio la fragilità dentro di noi e negli altri, arrivando a costruire relazioni più profonde e felici. Trattando i nostri figli con empatia si insegna loro il rispetto verso chiunque.

A me dicevano di essere poco empatico (il che era sicuramente da valutare meglio), ma forse i primi a non dimostrastrarla erano proprio loro nel fare delle mie presunte carenze una colpa ed un rimprovero, o all’estremo opposto di non mettermi al corrente dei loro pensieri nei miei confronti.

N vuol dire No Ultimatums (nessun ultimatum): purtroppo molti genitori ancora oggi urlano o puniscono fisicamente per disciplinare i figli, perdendo il controllo mentre ci si aspetta che loro non lo facciano. Tipico dello stile genitoriale autoritario è la sostituzione della fiducia e vicinanza ai propri figli con la paura. Quello danese, invece, è più diplomatico, facendo sentire i bambini rispettati e compresi, e così sviluppano un senso di autocontrollo molto più stabile.

Vorrei dedicare questo punto a tutti gli “educatori” della mia vita che ho dovuto temere, fra botte, note disciplinari a scuola e sgridate di proporzioni bibliche in confronto a quanto avevo realmente fatto…

T significa Togetherness and Hygge (intimità e Hygge): sono due modi per rendere le proprie relazioni più intime, uno degli elementi in grado di promuovere meglio la felicità nelle persone. L’hygge, ovvero un’atmosfera intima, accogliente e serena con i nostri cari realizzata spesso dai danesi, rende i momenti in famiglia più memorabili per i nostri figli. Per farlo bisogna concentrarsi sul “noi”, lasciando l’”io”, con i suoi drammi inutili e negatività, fuori da quel momento.

Voi con chi avete avuto momenti simili? Io ricordo bene alcuni trascorsi soprattutto con mia madre, in un clima di grande vicinanza e affetto.

Siamo arrivati alla fine di PARENT, leggendo il libro per intero però troverete molte altre curiosità, aneddoti ed informazioni sul metodo educativo danese. Avrete notato se avete letto fin qui che nella mia formazione alcuni punti sono stati rispettati più di altri. È lo stesso per voi? In quali elementi i vostri genitori hanno saputo eccellere, e in quali meno?

Mi auguro che una volta letto questo articolo siate ispirati ad applicare il metodo per diventare ottimi genitori, zii, nonni… o quello che vi capiterà e vorrete nella vita, allo stesso modo con cui io, dopo la lettura del libro, mi sento ancora più determinato a diventare un buon educatore, raccogliendo i frutti del lavoro svolto su di me da chi mi ha preceduto, e facendo ancora meglio.


Commenti

Una risposta a ““Il metodo danese per crescere bambini felici” di J. Alexander e I. Sandal”

  1. […] ovvero il non-umano, ma le sue sfere si ibridano nella “materialità”. Il fatto che in Danimarca l’implementazione di tecnologie didattiche all’avanguardia sia stato in parte deludente, è dovuto proprio al fatto che si è continuato a valutare gli […]

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