Buon 2060 (racconto)

A cavallo fra il 2019 e il 2020, dopo aver letto un libro sul futuro prossimo dell’umanità, ho scritto questo racconto prendendo spunto dalle speculazioni di fantascienza le cui pagine erano intrise. In realtà ho cercato di riadattarle un po’, perché alcune a mio parere erano esagerate, e una cosa che proprio non mi fa giù soprattutto nei film è lo sviluppo tecnologico irrealisticamente accelerato ( un po’ come il 2019 in Blade Runner, ho sempre pensato che gli autori si fossero sbagliati: in verità volevano dire 2219…). Comunque, buon viaggio nel tempo! Vedremo se sarà veramente così…

Buon 2060

“Cosa sto facendo?” pensò Jaden, accorgendosi di star guardando un punto indefinito del panorama cittadino che si stagliava davanti a casa sua, “È notte ormai, dovrei dormire, invece sto qua vicino alla parete di vetro a fissare questi palazzi illuminati…e a pensare.”

Fu solo un attimo, poi tornò a concentrarsi sui grattacieli, osservandone ogni minimo particolare: qui un maxischermo, là un ologramma, più lontano un edificio completamente illuminato le cui luci compongono immagini in movimento. Cosa raffiguravano queste illuminazioni? Le solite cose, ovvero pubblicità di prodotti, c’era una novità però: fra una schermata e l’altra, tra l’immagine di un robot in saldo e di un nuovo prodotto dolciario, si prendevano la scena grandi scritte colorate inneggianti il nuovo anno, che sarebbe arrivato fra poche ore.

“Che schifo di mondo” pensò Jaden “l’anno nuovo non cambierà niente. Cosa vuoi che accada? A meno che…” ma scosse subito la testa, “non succederà mai. Basta, vado a dormire, buon 2060 a me.” Mentre stava si stava allontanando dalla finestra, sentì un rumore sopra la sua testa. Tornò a vedere di cosa si trattasse, alzò lo sguardo, e vide uno di quei grossi droni circolari con un ologramma sopra di sè, il quale riportava la scritta: Oggi a mezzanotte a Central Park, grande spettacolo di fine anno, siete tutti invitati!

“ Ah, giusto, lo spettacolo” riprese “è l’evento più importante di tutta questa notte, che faccio, ci vado? Per cosa, incontrare altre persone? Non ho voglia di vedere nessuno. Però non sono stanco, sicuramente ora come ora non riuscirei ad addormentarmi, e mi piace girare di notte: l’atmosfera è magica, poi, con queste luci… sembra sempre che qualcosa possa accadere, e cambiarti la vita. Vabbè, andiamo, anche se non succederà nulla, tanto per stare qua a non fare niente… come faccio con mia madre però? Dorme, e sarò di ritorno in un paio d’ore, non si accorgerà di nulla.”

Così, si decise ad allontanarsi dalla finestra, dando un ultimo sguardo al paesaggio urbano, e a prepararsi per uscire. Si diresse verso camera sua, passando accanto alla porta della stanza di sua madre. “Torno subito, mamma, te lo giuro, se ti svegli e non mi trovi, non ti spaventare. Lo so che dici che io sia piccolo, ma so quello che faccio.” Pensò mentre si stava cambiando per uscire. “Alicia, apri la porta” disse sussurrando in modo che l’ intelligenza artificiale che gestiva la casa lo lasciasse uscire  e visto che il grattacielo dove abitava, trovandosi nel cuore di Manhattan, non distava molto da Central Park, decise di recarsi lì a piedi.

Appena uscito, Jaden si sentì pungere il viso: l’aria fuori era fredda, anche se sopportabile senza indossare vestiti con una sofisticata tecnologia di termoregolazione, si parla pur sempre di uno dei momenti storici nel quale gli effetti del riscaldamento climatico si facevano più sentire. “È strano pensare che un tempo i  crimini più gravi avvenivano qui, in strada, senza tutti gli algoritmi predittivi di oggi… meglio così, sennò ora mi guarderei bene dal girare in città a quest’ora.”

Seguendo il navigatore del suo device, finì in una via ricca di negozi, dove gli annunci dei prodotti ricoprivano ogni centimetro quadrato del suo campo visivo, e la sua attenzione fu colpita da una vetrina dove era esposto un vestito, identico a quello indossato in quel momento; non ebbe il tempo di avvicinarsi alla parete di vetro che quest’ultima si illuminò, mostrando immagini digitali di indumenti in saldo, e una voce proveniente dalla stessa disse: “ buonasera Jaden! il Natale è passato ma tu hai ancora qualche regalo da fare? Non preoccuparti! Vieni a dare un’occhiata hai nostri prodotti scontati fino al 50%!” “No grazie.” Rispose lui, allontanandosi.

Aver riconosciuto in quel vestito ciò che lui stesso aveva addosso gli riaccese il ricordo di quella giornata ormai quasi finita, trascorsa insieme ai parenti, i quali erano venuti a trovare lui e sua madre per festeggiare il Capodanno insieme, e se ne erano andati poco prima dell’inizio della nostra storia. Era ora di pranzo, mentre mangiavano, la zia rivolse la parola al nipote:

– “Jaden caro, come sta il mio bimbo? Tutto bene la scuola?”

-“Tutto bene, grazie.” Rispose lui accennando un’espressione di falsa contentezza.

-“Che carino che sei, e che bel sorriso! Hanno proprio fatto un bel lavoro in laboratorio su quell’ovulo di tua madre !” Continuò la zia.

-“Sicuro!” Prese la parola il marito della zia. “Alto e bello come il sole!”

-“Per non parlare di quegli occhi azzurri come il cielo e dei capelli color dell’oro!” riprese la donna.

-“Grazie.” Disse Jaden, abituato ai discorsi di ammirazione nei suoi confronti.

-“Quasi dimenticavo! Il regalo!” La donna porse un sacchetto al ragazzo.

Il pensiero della strada che doveva ancora percorrere per raggiungere il cuore di Central Park lo distolse da questi flashback.

Continuava a camminare  in quella via da shopping, in mezzo al buio naturale della notte squarciato dai mille schermi delle strutture antropiche, ad un tratto si fermò a guardare verso l’alto, dove si riusciva ad intravedere una porzione di cielo. “Dove sono le stelle?” Disse fra se e se “Con tutto questo inquinamento luminoso vedo solo nero, e la sfera bianca della luna illuminata dalle luci della sua capitale. Dov’è Titawin, con le sue lontane lune forse abitabili, che qualche tempo fa sognavo di visitare ? Dov’è Trappist-1, con i suoi sette mondi affascinanti ma privi di vita? ”

Si ricordò in quel momento di averle viste l’ultima volta anni prima, all’osservatorio astronomico, dove si era recato insieme a sua madre dopo aver insistito per molto tempo. Dopo di che basta, forse perché nulla era stato in grado di alimentare questa sua passione, e non aveva mai avuto nessuno con cui condividerla. Solo in quel momento, guardando il cielo, questi ricordi gli tornavano a mente.

“Hanno selezionato i miei geni affinchè nascessi più intelligente rispetto alla media e nessuno ha saputo sfruttare le mie capacità come si deve.” In quel momento tutta la sua vita, la sua storia, gli passò davanti agli occhi, come un film a velocità aumentata, in questo caso, un film monotono, e abbastanza triste. “Mia madre ha sbagliato a scegliere di dotarmi di facoltà mentali così sviluppate, pensava forse che in questo modo le differenze fra me e i miei coetanei non si sarebbero sentite? Lei dice sempre che quando sono nato, nel 2050, l’ingegneria genetica era ancora abbastanza giovane e perciò non si sapevano bene ancora gli effetti in ambito sociale di certe caratteristiche nel lungo periodo. Intanto però, a scuola non sono mai riuscito a relazionarmi, vedendo gli altri bambini coltivare interessi differenti dai miei; a sport, neanche a dirlo, tutti che volevano solo essere dei campioni.”

Girò l’angolo dell’ultimo negozio della via lasciando quel tempio del consumismo dietro a sè. Aveva ancora mezzo kilometro da percorrere per raggiungere la meta ma non riusciva a darsi una mossa, troppo preso da non lasciarsi sfuggire il minimo particolare di ciò che lo circondava, forse perchè erano mesi che non passeggiava di notte.

Ad un tratto, davanti a se, sul ciglio della strada, vide una sagoma nera avvolta nel buio la quale si muoveva a scatti, passando vicino, Jaden notò che si trattava di un uomo rannicchiato coperto di stracci, tremante per il freddo. “È uno di quei poveretti, avrà perso il lavoro con l’avvento dell’intelligenza artificiale, si sa, è stata monopolizzata dai proprietari aziendali” Pensò il nostro nottambulo.

Appena lo vide, il povero diavolo alzò la testa e sussurrò: “avresti qualche spicciolo, ragazzo?” Jaden gli porse il suo device e il pover’uomo fece lo stesso con una carta digitale, quelle che utilizzavano i barboni per racimolare i pochi soldi in criptovalute ricavati dalle elemosine. L’uomo si stupì quando vide che sulla schedina era apparsa una cifra spendibile tranquillamente in una cena per una persona, e ringraziò regalando un sorriso. “Almeno ho fatto contenta una persona”, pensò Jaden mentre si allontanava, ma non andò lontano che vide un’altra persona percorrere la strada in senso opposto.

Era un uomo di mezza età con addosso dei vestiti che il ragazzo riconobbe dalla marca essere fatti di pelle umana, ovviamente realizzata in laboratorio e rara sul mercato; nel momento in cui gli passò accanto stava controllando i propri chip neurali, come Jaden capì dando un’ occhiata rapida sul device di ultima generazione che il signore portava in mano. “Ed ecco invece uno di quei magnati a cui ho pensato prima, guardalo, tutto vestito da signore con chissà quanti impianti nel cervello, solo i ricchi sfondati possono permetterseli… magari passerà davanti al povero di prima, visto che sta facendo la mia strada a ritroso, e lo guarderà con la sua aria altezzosa tirando avanti. Forse era proprio il suo capo quando ancora poteva lavorare… Dopo aver fatto ciò, accumulando  l’inimmaginabile, hanno forse placato la loro sete di denaro? No, almeno da quanto si vede dagli studi di cui ho letto: sono ancora lì, a cercare di aggiungere uno zero in più al proprio conto sulla blockchain, creando perciò un circolo vizioso senza fine”.

Non mancava ancora molto, solo una via, e dietro a quell’ultimo isolato laggiù sarebbe apparso il parco più grande parco di Manhattan con le sue luci, i suoi spettacoli, e poi…”e poi niente,” pensò Jaden, ancora più amareggiato dalla visione precedente di quei due uomini ai poli opposti della società, “tornerò a casa, e domani sarà uguale ad oggi, in fondo, non ho neanche capito perchè hanno organizzato questo spettacolo, cosa vogliono festeggiare? A meno che non avvenga il miracolo che aspetto, la vita nel nuovo anno rimarrà quella che è, sia per i poveracci, sia per i ricconi, e anche per la gente normale come me; loro si illudono, pensano che i prossimi mesi porteranno loro la gioia, la realizzazione, chiamiamola come vogliamo, ma poi si accorgeranno che così non è, e allora spereranno in qualcos’altro. Certo, se tutti cambiassero… ma non vogliono farlo, o non sanno come fare, o non ne hanno voglia. Questo mondo non è fatto per me.”

Stava già per tornare indietro, facendo finta di non essere mai uscito quella notte, quando qualcosa nel buio in lontananza attirò la sua attenzione. “Un’altro che non ha niente di meglio da fare a quest’ora.” Pensò, ma mentre la persona si avvicinava, il suo volto mutò completamente in un’espressione di stupore. Era ormai a poche spanne da lui. I raggi lunari illuminavano la persona misteriosa, riflettendosi in un bagliore argenteo che disegnava i contorni di un mantello. Chiunque avesse visto una cosa simile ignorandone la natura avrebbe creduto di trovarsi davanti a un essere ultraterreno, soprattutto in quella situazione, Jaden però non aveva più dubbi al riguardo. Era un metas.

L’uomo dal candido manto passò sotto al lampione dove Jaden si era fermato a guardare quella specie di apparizione, con uno sguardo ammagliato. Così il ragazzo potè intravedererne il volto: un uomo di mezza età si celava sotto quelle vesti, caratterizzato da un’espressione di serenità e appagatezza. Appena lo sguardo dei due si incrociò, Jaden vide formarsi sul volto di quella specie di statua metallica un sorriso appena accennato ma così armonioso da colpirlo profondamente, quasi a volergli dire “so cosa vorresti, e perché mi guardi in questo modo, ma fidati, presto sarà realtà”; tutto durò un secondo, poi lo sconosciuto riprese il proprio cammino, mentre Jaden era ancora fermo a guardarlo allontanarsi.

“Come? Un metas? Che ci fa qua? ” disse fra sé e sé, ancora stupito “forse, grazie a loro, il mio unico ma grande desiderio si avvererà, forse il miracolo dopotutto è possibile!” Quando l’uomo si dileguò definitivamente, Jaden si ricordò dello spettacolo, e guardò a mappa digitale realizzando che mancava ancora pochi isolitati.  Poco dopo, infatti, si trovò davanti Central Park, con le fitte chiome degli alberi accese da altrettanto numerose illuminazioni, in mezzo  alle quali vide un drone che proiettava un ologramma con una grande freccia riportante la scritta: entrata per lo spettacolo. Seguendo l’indicazione, Jaden si mise in fila con altre persone e passò sotto un’entrata dove un robot lo scannerizzò da piedi a capo, successivamente, le luci si spensero e lo spettacolo ebbe inizio.

Fuochi d’artificio e petardi esplodevano in aria formando immagini tridimensionali, droni volanti danzavano disegnando opere d’arte nel cielo, androidi compivano acrobazie… tutto questo reso ancora più piacevole alla vista dalla realtà aumentata a cui tutti gli spettatori erano collegati. Alla fine, ci fu il conto alla rovescia fino allo scoccare della mezzanotte e le fontane in mezzo alla piazza spruzzarono dei getti d’acqua fluorescente in modo da comporre nell’aria la scritta: buon 2060!

“Grazie, mi servirà.” Pensò Jaden mentre dalla piazza si levava un fragoroso applauso. “Si, è stato bello, ma è finito, adesso chissà cosa mi aspetterà a casa.” Era preoccupato dal fatto che sua madre si potesse essere svegliata e lo stesse cercando ma, fortunatamente, quando fu di nuovo a casa, lei stava dormendo e non si era accorta di niente. “Meno male, adesso dormo e cerco di non svegliarmi domani mattina” sussurrò mentre si infilava sotto le coperte, “Alicia, spegni la luce.”

Buio. Si girava e rigirava nel letto cercando di dormire. Il povero, il ricco, il metas, lo spettacolo… pensò a quanto avrebbe voluto essere anche lui uno di quei santoni con il mantello, come l’uomo che lo aveva così colpito poco prima, e dedicare la vita a migliorare sé stesso ed il mondo, se solo tutti non glielo avessero impedito da sempre! “È una setta, fatta di grandi rinunce da parte dei suoi adepti.” Dicevano,”Poi tu sei troppo giovane.” Lui però sapeva che non doveva era così. Quello che non poteva ancora immaginare, invece, era quale grande esponente del movimento sarebbe diventato un giorno.

Gli ripassarono in mente ancora una volta le persone incontrate poco prima, una in particolare, e la scritta buon 2060 illuminata… poi si addormentò, e fu buio anche nella sua mente

“Leggeremente” ispirato alla copertina del Leviatano di Hobbes

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